Poi, improvvisamente, succede qualcosa: sembra di riuscire a toccare uno spazio più leggero, più raffinato, impalpabile, pacificante… E’ un attimo, ma che potenza! Allora ti dici: questa è la strada giusta, voglio vivere ancora un momento del genere. Così continui e ti impegni ancora di più perché sai che questa è la via.
“Organizziamo qualcosa il prossimo fine settimana?”
“Mi spiace, vado in Umbria a fare servizio”
“Ah, e cosa vai a fare?”
“Cucino per un seminario”
“Non potresti dire direttamente che vai a cucinare, così capisco subito?”
Questa era una conversazione tipo che periodicamente scambiavo con una amica storica, dopo aver conosciuto la Comunità e iniziato a fare la spola da Milano a Città della Pieve per… ”fare servizio”.
L’obiezione che mi veniva fatta era estremamente logica, nulla da eccepire, eppure… Eppure c’era qualcosa di molto diverso nel dire “vado a cucinare” piuttosto che non “vado a fare servizio”. Non avrei saputo spiegarlo perché non era assolutamente chiaro nemmeno per me, ma era come se la parola “servizio” facesse vibrare alcune corde profonde che fino ad allora non si erano palesate. Indubbiamente in una coscienza come la mia, che cominciava allora a porsi delle domande e chiedersi quali cambiamenti apportare nel proprio quotidiano che non rispondeva più alle esigenze del momento (senza ancora riuscire ad evidenziarle, quelle esigenze, e dar loro un ordine e una priorità), il magnetismo del fondatore che entrava in contatto con tutti coloro che arrivavano in comunità, ha avuto una notevole importanza. Ma c’era dell’altro: un’atmosfera particolare che andava oltre l’armonia, la serenità, l’ordine e la bellezza che mi venivano incontro appena varcavo la soglia di Poggio, unico casale in quel periodo. Tutto questo mi procurava una sorta di curiosità e di desiderio di andare a scoprire cosa mi stesse succedendo e cosa questa strana e nuova sensazione avrebbe portato.
Mi ha portato a lasciare alle spalle la vita fino ad allora costruita: lavoro casa, famiglia di origine, amici e con il mio allora marito e le mie figlie mi sono trasferita e ho iniziato ad entrare nella vita del gruppo, assumendomi piccoli incarichi e poi, via via, sempre maggiori responsabilità per contribuire, al meglio delle mie possibilità, al mantenimento di un magnete che era stato per me così forte.
Non sapevo mi sarei iscritta ad un corso universitario, o a un master post universitario, o ancora qualcosa oltre…, ad altissimo livello che richiedeva applicazione costante e una profonda dedizione.
La vita di gruppo non era facile e mi poneva crisi frequenti, nelle quali attribuivo ad altri ciò che era mio e di cui non ero consapevole. Il buffo era (e dico ora buffo perché è passato) che anche altri amici del gruppo erano preda dello stesso meccanismo. A pensarci ora mi rivedo come se avessi iniziato a scalare il Cervino (e non dico l’Everest!) con le infradito anziché un paio di scarponi, perché quelle avevo! E ogni volta che riuscivo a superare una prova, una difficoltà, mi dicevo: bene ora ho capito! E poco dopo di nuovo qualcosa di altro, di diverso che, guarda caso, mi faceva toccare il più delle volte la stessa difficoltà, vestita con forme diverse, ma sempre lì andava a parare. Ma ne scoprivo anche di nuove, certo, il servizio non è avaro anzi, offre opportunità a piene mani e senza sosta, basta saper osservare.
Poi, improvvisamente, succede qualcosa: sembra di riuscire a toccare uno spazio più leggero, più raffinato, impalpabile, pacificante. Gli amici con i quali hai forse discusso fino al giorno prima o quei fatti che ti hanno tanto irritata assumono una luce particolare, e ti senti serena perché capisci che così deve essere e così è. E’ un attimo, ma che potenza! Allora ti dici: questa è la strada giusta, voglio vivere ancora un momento del genere. Così continui e ti impegni ancora di più perché sai che questa è la via.
Quindi sì, servizio mon amour, che come tutti i grandi amori richiede una continua attenzione, perché mantenga il suo dinamismo fatto di confronto e di sperimentazione, di desiderio di scoprire sempre oltre, che richiede rispetto e cura, e che offre crisi profonde quanto è la dedizione che gli si offre, lampi luminosi che abbagliano e lasciano spiazzati prima di essere metabolizzati, che tocca il cuore e lo riempie di una profonda e gioiosa gratitudine.
Enrica Lorenzi