Coraggio e volontà scandisco­no il ritmo del destino; nei momenti cruciali, bisogna evocare in noi l’ardore degli eroi, per combattere responsa­bilmente, a viso aperto e sen­za aiuto, gli assalti della sor­te. Solo così si esce indenni e si supera la prova…

 

Estate. La natura tutt’intorno alla comunità era in pieno rigoglio: un tappeto di splendido verde copriva le colline circostanti e macchie variopinte di fiori rallegrava­no gli occhi di Hermes, che tornava per il consueto appuntamento. Vedendo i suoi amici  lavorare operosamente nell’orto e nei campi andò a salutarli.

Più tardi, nel pomeriggio, si trovarono tutti riuniti nella grande sala per parlare delle prove della vita.

Ed Hermes cominciò: Di norma, gli uomini rifuggono da ciò che è doloroso o insolito e, dimenti­chi di dover costruire il futu­ro, si adagiano passivamente sui binari del passato. Questo li porta spesso a con­fondere luci e ombre della vita, fino a non capirne più il senso e il valore. Certamente essi non ricordano che il sen­tiero dell’autorealizzazione va percorso anche in solitudine, non cercando le ricchezze del mondo, non coltivando irrita­zione e pessimismo e, princi­palmente, non recriminando sulle prove che siamo costret­ti ad affrontare. Ma quanti di noi hanno presente che il pe­so del dolore è necessario, co­si come sono inevitabili lo scetticismo e la critica di chi ignora. Quanti rammentano che il coraggio e l’audacia, la fede e la volontà sono qualità indispensabili per procedere nella comprensione? Ci han­no detto di imitare il Cristo, di accettare responsabilmente l’impegno di creare la vita, ma chi tra noi utilizza real­mente queste pietre miliari della saggezza? Siamo sem­pre pronti a formulare giudizi e a svalutare, quando invece sarebbe meglio rispettare gli altri e dedicarsi a sviluppare i nostri talenti. Sappiamo che la felicità è propria del mondo spirituale (a cui diciamo di aspirare) ma ci comportiamo come coloro che, pur deside­rando ‘il paradiso’, fanno di tutto per andarci il più tardi possibile! Distruggere il vec­chio, superare gli attacca­menti, sostituire le abitudini è indispensabile per l’evoluzio­ne, eppure ci rammarichiamo, ci opponiamo, e talvolta ci di­speriamo, quando il continuo fluire degli eventi ci spinge a muoverci.

La premessa non era delle più facili per favorire la di­scussione. La più pronta a reagire fu Marta che, piutto­sto irritata, disse: Se le cose stanno così, sembra che non ci sia concesso altro che sop­portare, nostro malgrado, qualsiasi evento che la vita ci riservi…!

 Hermes la interruppe: Marta, l’irritazione è un vele­no e ti consiglio, quindi, di non alimentarla. Anzi, direi che questo è il primo suggeri­mento che dobbiamo darci quando siamo sottoposti a delle prove: non reagire mai negativamente, con irritazio­ne o con un rifiuto. Tutti gli eventi della vita, anche quan­do sembrano incomprensibili, hanno in realtà un senso: in­tuirlo, significa trovare gra­dualmente la ‘giusta direzio­ne’ e liberarci, anche attra­verso la sofferenza, da ciò che ci trattiene.

Maria: A mio avviso, una delle prime prove con cui dobbiamo cimentarci è quella di resistere alle critiche che gli altri ci rivolgono appena ‘cambiamo strada’.

Hermes: Le leggi dell’evo­luzione agiscono come una spada o come un fiume: an­che se non ce ne rendiamo conto, esse tagliano decisa­mente, o corrodono lentamen­te, le illusioni degli uomini. La maggior parte dell’umanità è sprofondata nell’avidità, in tutte le sue forme, e vive ipo­critamente pur facendo professione di altruismo. Ma, per noi, ogni ostilità può rappresentare un’opportunità per rafforzarci nel cambiamento. E’ arrivato il momento di esplorare a fondo la propria coscienza e chi se ne rende conto, deve assumersi la responsabilità di farlo. Quando ci accorgiamo che il gioco del­la nostra vita è misero e ri­stretto al convenzionale, è consigliabile ‘rimescolare le carte’ per trovare combinazio­ni più degne del fine per cui si vive.

Camillo intervenne: Il rap­porto con gli altri è comunque importante, perchè è nel no­stro destino realizzare l’unio­ne tra gli uomini…

 Hermes: E’ vero. Ma que­sto è possibile soltanto attra­verso l’uso della discrimina­zione, che gradua il processo di integrazione tra le perso­nalità. Dobbiamo imparare a osservare e a sviluppare il di­scernimento per recuperare la capacità di sintesi.

Cesare: Talvolta gli altri ci provocano anche con la ca­lunnia, e non è certo facile re­stare indifferenti!

 Hermes:  La calunnia è il legno migliore per accendere il fuoco della vittoria perchè si lega ai criteri usuali di giudi­zio, che sono proprio quelli da bruciare. Essa, infatti, nasce negli animi più grossolani e, di per sè, già qualifica chi la esprime, mentre per chi ne è vittima, se rimane saldo, rap­presenta una vera e propria torcia che illumina il sentiero da percorrere. Il giudizio più falso è quello che si basa su ciò che è più evidente, cosi co­me spesso si usa definire illu­sioni o utopie gli insegnamen­ti che conducono alla fonte della realtà. D’altra parte, l’e­videnza non è mai il fermento del ‘nuovo’, ma soltanto la decomposizione del ‘vecchio’. L’inerzia è il male peggiore e chi vuole procedere deve raf­forzare e rinnovare il proprio pensiero, anziché lasciarlo sprofondato nella palude del già acquisito, e difenderlo co­stantemente dagli attacchi esterni.

Guglielmo: In che modo possiamo diventare più saldi nella mente?

Hermes: Essenzialmente evitando di generare tensione fine a se stessa, attraverso pensieri disordinati e incom­piuti, perchè sarebbe come gonfiare le vele della nave durante la tempesta. La men­te, per resistere ai minacciosi venti esterni, dev’essere sem­pre polarizzata sull’impegno costante di rigenerare la vita, ricordando la necessità di realizzare, ogni volta, ciò che pensiamo.

Hermes concluse: Quando siamo sottoposti alla prova della critica altrui ci sono, in definitiva, solo due cose da fare: specchiarci nella nostra coscienza e riflettere sul fatto incontestabile che gli uomini giudicano ogni azione secon­do criteri strettamente perso­nali.

Cesare: Possiamo allora considerare indispensabile un’altra prova della vita: quella della solitudine che, prima o poi, tutti dobbiamo affrontare…

 Hermes: Parlerei, piutto­sto, della prova della calma, in cui la nostra coscienza de­ve liberarsi dall’aspettativa degli altri. Occorre arrivare al­la consapevolezza di sè, sen­za orgoglio ma anche senza autosvalutazione. E’ nella so­litudine che il processo del conseguimento viene avverti­to da chi lo vive: prima è un semplice stato di allarme, un’ansia sottile che si lega ad un generico senso di futilità; poi è una ricerca incessante, spesso frenetica, che si tra­sforma successivamente in un ‘bussare a più porte’. Quindi è l’uso della spada che recide e taglia tutt’intorno gli inutili legami e che rende più possente chi la impugna.

Successivamente appare una luce nel deserto e ci si trasfor­ma in leoni per percorrerlo. Infine, ci si sente vicini alle fonti creative della vita per arrivare, in ultimo, a identifi­carsi con ‘colui che crea’. E, tutto questo, avviene mentre siamo soli, nel silenzio più profondo della nostra coscien­za. D’altra parte, nessuno è veramente isolato perchè in­numerevoli sono i canali che ci collegano con gli esseri più diversi. I saggi ripetono spes­so che la solitudine è l’arma migliore per arrivare alla vit­toria. In effetti, si dispera sol­tanto chi dipende dagli altri, anziché da se stesso, perchè crede di non avere più risor­se.

Dovremmo invece sempre ri­cordare che il futuro si crea con il proprio pensiero e non ascoltando le opinioni della gente. L’esercizio della calma interiore ci rende padroni dei vari livelli del nostro essere ed è necessario rendersi con­to che, il più delle volte, restare soli ci focalizza meglio sui nostri obbiettivi.

Intervenne Leonardo: Comunque, secondo me, la prova fondamentale, e anche la più dura, è quella del di­stacco. Che puoi dirci a questo proposito?

 Hermes: Ogni cosa che lasciamo presuppone una nuova possibilità di conqui­sta, e ogni presunta acquisi­zione si trascina dietro, come un peso, al suo possessore. Chi tende ad accumulare de­ve quindi considerare la qua­lità di ciò che possiede; non dovremmo desiderare di trat­tenere ciò che conquistiamo, per non diventarne schiavi, ma piuttosto sentircene tran­sitoriamente responsabili. E’ anche da evitare l’atteggia­mento dell’ipocrita che, pur aspettandosi ricompense dalla vita, è disposto a rinunciare solo a quello che non ha. L’evoluzione si costruisce con una coscienza libera, dalla quale siano espulsi i resti inu­tili del passato. Lasciamo an­che i ricordi, per non fare l’er­rore di chi, correndo, si volta continuamente indietro. Pensiamoci, invece, come una nave in partenza, a cui è indi­spensabile levare gli ormeggi e seguiamo il corso della cor­rente della vita che ogni gior­no, negli eventi, rinnova se stessa.

Giulietta interruppe: Quando parli del distacco, può sembrare che tutto sia facile: io, invece, penso che sia la prova più ardua per la maggior parte di noi.

 Hermes: Tutta la storia dell’uomo non è che una con­tinua mutazione, che può es­sere subita con disperazione, accettata passivamente o gui­data con consapevolezza: nuova energia divampa quando si attua una demolizione, non per nulla Kalì, il grande distruttore, è di fatto anche la Grande Madre che crea. La comprensione del valore del distacco avviene quando la nostra coscienza si orienta al futuro. Allora diviene chiaro che distruggere è un atto inevitabile e creativo, e cominciamo ad imprimere moto ai nostri pensieri e alle nostre azioni. Tutta l’esistenza non è altro che un continuo processo di riadattamento, ad ogni livello, dell’energia in manifestazione che cerca la giusta via per l’evoluzione. Solo attraverso la mobilità si acquisisce la sensibilità spirituale e ci si tempra all’indipendenza; in quale altro modo, infatti, potremmo sperimentare la solitudine della realizzazione, che prima abbiamo riconosciuto come indispensabile? Accettare questo concetto e applicarlo alla vita è fondamentale per la nostra crescita.

Giulietta, insistendo: Vivere è così faticoso che questo continuo distaccarsi sembra un non-senso….!

Hermes: Tutte le fatiche e i dolori del passato si trasformano in un prezioso lievito che ci solleva ad un futuro più gioioso. Nulla  va sprecato, e ciò che viviamo oggi rappresenta il piedistallo su cui costruiremo il domani….
Rasserenati, perciò, Giulietta, e sii più fiduciosa nella saggezza segreta della vita!

Lei sorrise.

Maria: Nella tua risposta è contenuta un’altra prova, che molti rifiutano, quella della fede….

Hermes: Come sai, le menti deboli non riescono a conciliare il concetto di fede con quello di libero arbitrio. E’ incontestabile, però, che coscienze più evolute della nostra abbiamo compreso s sperimentato ciò che ancora noi ignoriamo. Avere fede nella testimonianza dei Grandi Esseri che ci hanno proceduto è segno di saggezza e non di facile credulità; la fede va pertanto intesa come la certezza che un’esperienza vissuta da chi è degno di fiducia   sia autentica e, nell’accettare o meno i consigli offerti, esplichiamo il nostro libero arbitrio. Molti uomini rifiutano il concetto di Maestro, escludendo l’ipotesi che qualcun’ altro possa aver raggiunto una coscienza superiore, privandosi così di una guida preziosa. Ma quale altra strada ci resta, migliorare la qualità, se non quella di venerare la maestria? Ecco allora giustificata la fede nei Maestri di vita. D’altra parte, la fede deve procedere parallelamente alla conoscenza sperimentale che, comunque, è successiva all’adesione interiore. I risultati della sperimentazione sono perciò condizionati dalla capacità di avere fede: è per questo che il dubbio allontana la conquista e il pensiero di fallire è già un fallimento. Sappiamo, d’altronde, che qualsiasi manifestazione può essere magnetizzata dalla fede.

Cesare intervenne: Secondo me, la prova della fede si collega a quella del coraggio.

Hermes: Infatti. Chi nega ciò che non vede, o ne è impaurito, non è ancora vicino all’esperienza spirituale: è solo il coraggio che ci consente di entrare nella dimensione sconosciuta dello spirito. E’ sempre il coraggio che ci fa superare i nostri limiti e ci permette di sopportare il dolore del crescere, spingendoci a conoscere sempre di più.
Prendiamo esempio dagli uccelli che, senza paura, migrano attraverso gli oceani. Osare è un diritto   e un dovere, che nasce nel crogiolo infuocato del cuore dell’uomo, per spingerlo verso l’infinito. Quando capiremo che ciò che sembra un ostacolo è, in realtà, un’occasione   per prendere più slancio e moltiplicare   le nostre risorse interiori! Le battaglie potenziano la nostra coscienza!

Cesare entusiasta: Ho sempre creduto che la vita vada affrontata con lo stesso coraggio e lo stesso entusiasmo che si prova a scalare una montagna!

Hermes: E’ vero, Cesare, perchè le scelte prive di coraggio sono già avvelenate e le decisioni prese a metà ci fanno pericolosamente oscil­lare sull’orlo del precipizio. D’altra parte ogni fuga dalle prove della vita è come una morsa che ci strangola. Coraggio e volontà scandisco­no il ritmo del destino; nei momenti cruciali, bisogna evocare in noi l’ardore degli eroi, per combattere responsa­bilmente, a viso aperto e sen­za aiuto, gli assalti della sor­te. Solo così si esce indenni e si supera la prova.

Marta, rimasta in silenzio, un pò assorta: Non pensi che sottolineare così tanto l’atteggiamento “da eroe”, così egocentrato, così potente, possa rafforzare esagerata­mente l’immagine di se stes­si? Tutti sappiamo, invece, che il superamento dell’egoti­smo è forse la prova più im­portante per la realizzazione spirituale.

Hermes precisò: Chi non ha conquistato se stesso e non ha acquisito potere inte­riore, e autonomia a tutti i li­velli, non è in grado di porta­re un reale aiuto all’umanità. Infatti, senza individuazione c’è un mescolamento ineffica­ce di situazioni, che lega ulte­riormente gli uomini tra loro nei bisogni. Per ‘servire’, inve­ce, è indispensabile aver tro­vato se stessi, per poi metter­si a disposizione del bene co­mune.

Guglielmo, come riflettendo ad alta voce, intervenne: Chiariamo bene cosa vuol di­re superare la prova dell’ego­tismo, se per egotismo s’in­tende il considerare l’interes­se personale come la base di ogni motivazione e valutazio­ne morale: a me sembra logi­co che, in una prima fase, ciascuno di noi scopra il mondo attraverso se stesso.

 Hermes lo interruppe: Certo, Guglielmo. Non c’è dubbio che, in generale, si debba procedere cosi, ma chi vuole inoltrarsi sul sentiero spirituale, non può più pen­sare in funzione di se stesso perchè questa limitazione va­nificherebbe le occasioni più propizie. Chi tiene per sè i se­mi destinati al giardino del mondo ne sarà soffocato ma, al contrario, chi contribuisce anche con un solo seme al be­ne comune, ne riceverà preziosi frutti. Comprendere che tutta la vita è una spirale e passare gradualmente da una coscienza individuale a una coscienza collettiva, fino a quella cosmica, è il vero signi­ficato dell’evoluzione.

Camillo: Certo, particolar­mente per chi, come noi, vive in comunità, superare l’egoti­smo è una vera e propria ne­cessità…

 Hermes: La comunità, co­me ho detto nel nostro primo incontro, ha precise leggi e, una di queste, è quella della cooperazione. La capacità di cooperare attira le possibilità migliori e permette a più indi­vidui di sorreggersi in qual­siasi difficoltà. E’ come se un piccolo ruscello si trasformas­se in un torrente impetuoso di energie, dopo aver raccolto nel suo letto la corrente dei ri­voli confluenti.

Quest’immagine suggerita da Hermes rievocò nel gruppo un senso di coesione e Leonardo espresse il desiderio di terminare l’incontro con una breve meditazione. Tutti accettarono volentieri la ri­chiesta e il gruppo si unì in un silenzio profondo. Dopo alcuni minuti, Hermes si alzò e, per non disturbare gli ami­ci, lasciò un messaggio di commiato sul tavolo nell’in­gresso. Poi si allontanò.

 

 

Sergio Bartoli
In: “Poggio del Fuoco” – Quaderno della Comunità di Psicosintesi di Città della Pieve
N. 3 – “Le prove”