Senza ombra di dubbio la parola “amicizia” suona bene al cuore: sa di calore, di affidamento, di intimità e di complicità. Sa anche di infanzia e di giovinezza, di quelle età in cui è più facile andare incontro alla vita in compagnia di qualcuno. In modo più o meno cosciente tutti gli esseri umani desiderano avere degli amici e tutti se ne sono fatti almeno un’idea, il più delle volte ne hanno vissuto anche un certo numero di esperienze. E’ perciò facile sintonizzarci con ciò di cui stiamo parlando.

Quando però si arriva alla vita di gruppo le cose si complicano: siamo amici o solo collaboratori? Avremmo scelto come amici coloro con cui trascorriamo tante ore di servizio? Oppure dobbiamo far finta che ci vadano bene in nome di un ideale più grande, ma in realtà non sono come li vorremmo?

E spunta una domanda ancora più impegnativa: l’amicizia tra persone è utile per quello che intendiamo realizzare e che ha come base di partenza il processo di integrazione del gruppo? Gruppo in quanto tale, e non come insieme di rapporti interindividuali.

Queste domande ci hanno accompagnato per anni, rese ancor più insistenti da un paragrafo del libro “Comunità” della collana di Agni Yoga, che afferma in modo perentorio: “Una Comunità può esistere solo tra amici”.

Di fatto, se guardiamo indietro alla nostra storia come gruppo, c’è stata una lunga fase in cui l’amicizia non era vista di buon occhio: troppo legata a bisogni personali, troppo implicata nel genere di rapporti coltivati da ognuno nella propria vita “di prima”, troppo rischiosa rispetto all’unità di gruppo, che avrebbe potuto frantumarsi in una serie di relazioni interpersonali privilegiate. Le amicizie avrebbero potuto anche generare dei sottogruppi, portatori di alleanze e di contrapposizioni, così erodendo quel tessuto unitario che tanto si cercava di costruire. A questa prima fase di diffidenza, ne era seguita un’altra, fatta di “dover essere”: dover essere impersonali, dover gestire in modo autonomo i propri bisogni, dover essere distaccati e non emotivi, doversi far andare bene coloro che avevamo intorno; ne uscivamo, insomma, piuttosto “ingessati” e certamente non appagati, né men che meno nutriti.

Eppure quella frase così precisa del libro Comunità continuava a tenere aperta una domanda: perché per l’Insegnamento l’amicizia è così importante?

Nel frattempo come gruppo abbiamo vissuto molte vicende, abbiamo attraversato passaggi importanti e impegnativi, abbiamo portato insieme il peso di molte responsabilità; la nostra Comunità è cresciuta e noi siamo cresciuti con lei. Si è reso più chiaro il proposito in cui convergiamo e più precisi gli scopi che ci prefiggiamo; siamo più capaci ed efficienti nel portare avanti i vari progetti; soprattutto sappiamo perché siamo qui. Ognuno di noi ha collocato quest’esperienza che ha scelto al suo giusto posto all’interno della propria vita; e ha cercato di armonizzarla al meglio con le proprie esigenze personali. Tutto ciò ha richiesto molto, molto lavoro e molta dedizione, molta fiducia e molto coraggio. In tutto questo eravamo insieme, ognuno in sé e per sé ma sempre e comunque insieme.

E’ nato così, a poco a poco, un campo di conoscenza e di accettazione reciproca, un campo di amore. Non è stato voluto, né cercato forzatamente; ma nemmeno è stato visto con diffidenza. Direi che è fiorito quasi da sé, forse anche senza che ce ne accorgessimo. I “vecchi” a un certo punto hanno smesso di guardarsi con sospetto e con competizione, e i “nuovi” sono arrivati in questo flusso e vi si sono inseriti piuttosto facilmente.

Come è accaduto? Cosa lo ha prodotto? La risposta che mi do oggi è che c’è stato un momento in cui quel filo di luce che ci collega con dei mondi più elevati e che per anni abbiamo invocato e visualizzato, ha cominciato a farsi reale e a vibrare con forza crescente nei nostri cuori. Attraverso quel filo si sono via via riversate nello spazio del gruppo qualità e comprensioni; e dietro a queste un nuovo senso di Vita ha cominciato a permearci. Tutto ciò che era stato a lungo coltivato come un ideale ancora distante ha cominciato ad esistere davvero in noi e tra di noi. E’ stata ed è un’esperienza unica, che ogni giorno si rinnova.

L’aspirazione costante e condivisa rende possibile alla Mano che Guida di afferrare e di tenere saldo un capo dei tanti fili colorati che siamo, lasciando libero l’altro capo di muoversi fluidamente, giocando e danzando, costruendo e celebrando, intrecciandosi in una miriade di rapporti di vario tipo e natura. L’ impegno congiunto ha scavato le fondamenta profonde delle nostre relazioni. Su quelle fondamenta poggia l’amicizia che ci unisce e che è indipendente dalle varie forme e modalità in cui può esprimersi.

Oggi, guardando alla vita del gruppo e soprattutto vivendola, comprendo bene il senso che ha avuto quell’ iniziale cercare di contenere le spinte a vivere dei rapporti amicali basati su un ordine di modi precedenti. Se ci fossimo accontentati di quell’appagamento, non avremmo forse scoperto quello che stiamo sperimentando oggi: un’Amicizia che scende dal punto di convergenza delle nostre coscienze e che irrora tutti gli aspetti di noi. Da qui possono nascere molti modi di stare insieme, tra cui ognuno può scegliere quelli più congeniali a sé, in un moto di spontaneità che è frutto, quasi paradossalmente, di una consolidata autodisciplina.

All’interno di questa rete di rapporti illuminata dall’amore spirituale, nessuno esclude, né separa. Eppure tutti sono liberi di coltivare le relazioni che desiderano nel modo che desiderano, dalle più vicine alle più distanti, ma senza mai perdere la connessione profonda che tutte le caratterizza.

Vi trovano spazio le affinità elettive, che apportano ricchezza nel gruppo, senza trascendere in sottogruppi separativi ma essendo, al contrario, fattori di unione.

Un’amicizia così, come quella che siamo riusciti finora a realizzare e che realizzeremo sempre più, oltre ad essere una fonte di gioia per chi la vive, è anche un atto di servizio spontaneo: essa immette nel mondo delle correnti benefiche, per ricordare a tutti che sì, si può essere davvero Amici, ma tutto dipende dalla Sorgente a cui si attinge, che va cercata nei tempi e nei modi che le corrispondono.

In molti momenti non è stato facile e un po’ tutti abbiamo dovuto anche passare attraverso l’esperienza della solitudine. Ma oggi mi dico che ne è valsa davvero la pena.

Marina Bernardi