La focalizzazione è il nostro modello politico, cioè la struttura portante che fa da schema ordinatore di tutte le forze umane del gruppo. Il principio su cui basa è quello del PUNTO FOCALE: ogni contatto e ogni passaggio di energia da un piano all’altro, può avvenire solo attraverso la presenza di un punto focale unitario.

Quello della leadership è uno dei temi più complessi e anche più scottanti tra i molti che un gruppo si trova ad affrontare. Ogni gruppo lo risolve a modo suo, secondo la sua storia, la sua tipologia (anche i gruppi hanno una loro tipologia!), il suo grado di maturità. In genere ogni gruppo è nato dall’idea seme di un fondatore o al massimo di un paio di fondatori convergenti in un ideale comune. La figura fondante gode di un carisma indiscusso per lungo tempo: infatti è stata sua l’intuizione e sua l’assunzione di responsabilità di quella nascita. Ha emesso un “suono”, una nota sottile, rivestita poi da forme corrispondenti e visibili; perciò sa anche mantenere quella nota chiara e pura, sufficientemente intensa da essere trainante per coloro che vi rispondono. Quando il fondatore non c’è più, chi si fa carico di preservare la nota originale?

Quando, nel 2009, è mancato il fondatore della Comunità di Etica Vivente, un gruppo di persone, che lui stesso aveva preparato a succedergli, si è trovato a farsi carico della nota del gruppo, così come dei suoi aspetti gestionali e organizzativi. Dato il forte carisma del fondatore, la sfida era grande: si trattava di riuscire a comporre tutti insieme un’unità tale che potesse garantire un buon livello di convergenza sul proposito comune. In pratica, dai molti e diversi che eravamo, avremmo dovuto rappresentare l’uno. Detto così sembra semplice, ma questo passaggio è invece estremamente delicato: per di più è nuovo, perché la leadership di gruppo è un concetto della nuova epoca e pertanto finora poco sperimentato.

Il modello che abbiamo scelto, e che era anche quello a cui eravamo stati preparati, è stato quello della FOCALIZZAZIONE. Questa parola non significa solo il ruolo che ci assumiamo quando conduciamo un gruppo. In realtà, significa molto di più: la sua pregnanza si è rivelata nel tempo, mano a mano che ne abbiamo compresa la profondità. E molto essa ha ancora da rivelarci.

La focalizzazione è il nostro modello politico, cioè la struttura portante che fa da schema ordinatore di tutte le forze umane del gruppo. Il principio su cui basa è quello del PUNTO FOCALE: ogni contatto e ogni passaggio di energia da un piano all’altro, può avvenire solo attraverso la presenza di un punto focale unitario. Spesso usiamo l’espressione “struttura gerarchica” per definire il modello politico della Comunità. Tuttavia questa parola suscita facilmente resistenze e incomprensioni, anche perché va a smuovere nel nostro inconscio antiche esperienze, in cui abbiamo subito delle funzioni gerarchiche distorte, che ci hanno arrecato sofferenza.

Proviamo allora a sostituire questa espressione con la parola “struttura focalizzata”; o, meglio, a interpretare la struttura gerarchica come un sistema ordinato di coscienze, aperte al contatto con sistemi ordinati superiori attraverso dei punti focali, che funzionano come punti di trasmissione di energie e qualità da un livello all’altro. Ognuno di noi può farsi punto focale, nella misura in cui si impegna a realizzare quelle condizioni di unità interiore, di stabilità, di contenimento e di allineamento, che sono necessarie per ricevere da un piano vibratorio più elevato e trasmettere su un piano più basso. Il livello su cui si svolgerà la nostra opera, dipende dal grado di responsabilità che siamo in grado di assumerci rispetto al sistema in cui siamo. La gran parte del lavoro da compiere è interiore, tra noi e noi, laddove nell’ambiente esterno si riflette ciò che abbiamo conseguito in noi stessi. Ovviamente emergeranno anche le capacità, abilità e competenze che ci caratterizzano e che, combinate con il nostro saper essere punti focali, attirerà a noi esattamente il compito che ci compete nell’insieme. Questo è un punto importante: siamo noi ad attirarlo, non sono altri ad assegnarcelo. Il riconoscimento dall’esterno può avvenire solo se prima il processo di auto-preparazione, di sintonizzazione con l’ambiente e di assunzione di responsabilità, è avvenuto dentro di noi.

E’ importante comunque sottolineare che in un gruppo esistono due diverse scale gerarchiche: una basata sullo sviluppo della nostra coscienza e sul grado di contatto con la nostra essenza. Essa è sottile, intima, silenziosa; è percepita solo da coloro che prestano attenzione agli eventi interni, più che ai fatti esterni. Su questa scala ognuno è al suo giusto posto, indipendentemente da come lo vedono gli altri. L’altra scala è invece visibile, perché basa su qualità e capacità manifeste: riguardando anche il mondo delle forme, è quella in cui si crea un rapporto reciproco tra ciò che la persona ha da dare e i bisogni concreti del gruppo. Se tale rapporto è positivo, e per il tempo in cui lo è, la persona ricoprirà certi ruoli corrispondenti.

Nel caso in cui questi due diversi ordini di criteri vengano a coincidere nella persona, tanto meglio per il bene del gruppo. Ma è comunque bene imparare a distinguere tra le diverse posizioni, quella dell’anima e quella di una personalità funzionale all’insieme. Il gruppo cresce attraverso e grazie a entrambi gli aspetti, poiché il primo ne costituisce l’energia animica e il secondo la forza manifesta della sua personalità.

Marina Bernardi