“Il senso della ricerca sta nel cammino fatto e non nella meta”. – Tiziano Terzani
Happiness writes white. “La felicità scrive in bianco su una pagina bianca” è un aforisma in cui possiamo riconoscerci: difficilmente nei momenti felici ci si ferma a riflettere sulla propria vita, difficilmente ci si interroga sul perché proprio a noi capiti quello che sta accadendo e ancora più difficilmente si avverte il bisogno di senso. Ma poiché nell’esistenza nulla è statico e tutto scorre, anche lo stato di benessere a cui costantemente l’essere umano anela non è duraturo. La pagina continua a essere bianca, ma l’inchiostro si fa nero, o rosso sangue, o blu lacrime. Sovente sono proprio gli ostacoli che si insinuano o irrompono nella nostra quotidianità a spingerci verso la ricerca interiore. Altre volte, invece, il senso abituale che ci ha guidato e sul quale si è appoggiata, più o meno a lungo, la nostra vita diventa un po’ come un vestito stretto, che non ci fa più sentire a nostro agio, che limita i nostri movimenti di azione, di pensiero, di immaginazione, di sentimento e di prospettiva di vita in generale. In quello stato di insoddisfazione si fa strada in maniera sempre più chiara il desiderio di cambiare rotta. Che cos’è quel senso di insoddisfazione? È l’emergere dei nostri bisogni spirituali e in soccorso di quell’incertezza entra in gioco la saggezza interna che ci guida, un “superpotere” di cui non siamo del tutto ancora consapevoli, ma che tesse i fili delle opportunità, offrendoci stimoli e occasioni di nuovo interesse e attenzione.
Sono incontri di persone, parole, libri, immagini e tanti altri semi che attecchiscono nell’humus della sensibilità interna, mostrandoci un mondo non ancora immaginato, dalle immense possibilità, che aprono, espandono e nutrono la nostra coscienza, aprendoci a una fase iniziale dove la ricerca è in ogni direzione e si nutre di ogni nuovo stimolo, una fase in cui per prova ed errore si cerca all’esterno la chiave per recuperare la pienezza che sappiamo essere il nostro diritto di nascita. È una fase importante, preparatoria alla successiva di maggiore orientamento e direzione, perché solo dopo molto cercare si scopre che il laboratorio migliore per la nostra crescita personale e spirituale è la nostra quotidianità.
Inizialmente viviamo quasi in due mondi scissi: c’è la vita abituale, la famiglia, le amicizie, lo studio, il lavoro e poi c’è la ricerca di senso, i corsi, i percorsi; di qua la settimana lavorativa, di là le serate, i weekend, le settimane di vacanza sottratte al riposo per andare a caccia di significato. Ma c’è un momento magico in cui il cannocchiale con cui scrutiamo l’orizzonte alla ricerca di risposte più soddisfacenti si volge all’interno di noi, il momento in cui entriamo in un contatto più consapevole con noi stessi e con la saggezza interna che ci ha guidato fino a lì, quella stessa saggezza che ci può aiutare a scoprire il senso delle cose oltre alla loro apparenza, che ci può sostenere nella lettura della realtà individuale e collettiva in cui siamo immersi e ci muoviamo.
È un cammino continuo, a volte va spedito con improvvisi scorci di bellezza e ampie vedute, altre è di salita faticosa, talora pare di essere soli in mezzo alle nebbie e altre volte invece in cui siamo consapevoli di sostenerci vicendevolmente con i compagni di cordata, e se si fa qualche passo indietro, è per prendere la rincorsa per il salto successivo. È un cammino in cui impariamo a benedire gli ostacoli, in cui quella felicità temporanea che non lascia traccia sulla pagina bianca si trasforma in gioia che illumina la pista, nonostante il nero, il rosso sangue e il blu lacrime, quella pista tracciata nei secoli da chi ci ha preceduto, ma che ciascuno di noi percorre in modo unico e irripetibile, ogni giorno, nella palestra della propria vita.
articolo di Marisa Scarian e Rossella Bernascone
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