Così come il nostro tempo, anche il nostro denaro può essere speso o donato per dare spazio e valore allo sviluppo di ciò che promuove l’evoluzione della razza umana nel suo insieme e in totale unione e compartecipazione con gli altri Regni di Natura.
La rivoluzione industriale e il processo socio-economico da questa innestato ha fatto sì che nel giro di un secolo e mezzo si sia passati da un’economia di sussistenza, in cui si autoproduceva buona parte di ciò di cui si aveva bisogno, a un’economia di mercato, in cui tutto ciò che si produce diventa merce da vendere e tutto ciò che serve si deve comprare.
Il passaggio dall’economia di sussistenza all’economia di mercato ha generato l’aumento dei profitti e quindi della ricchezza, consentendo alcuni importanti benefici collettivi tra i quali i progressi della scienza e della medicina, l’aumento del livello di istruzione e la diminuzione dell’analfabetismo, la velocizzazione dei trasporti e lo sviluppo delle comunicazioni (con il conseguente ingresso nell’era del “villaggio globale”). Tutti questi vantaggi hanno rafforzato la convinzione che il modo di produzione industriale sia la realizzazione del migliore dei mondi possibili*. Ma questo mondo per poter sopravvivere deve finalizzare tutto lo sforzo alla produzione di merci e servizi e, in parallelo, deve far si che aumenti la domanda, perché se le merci prodotte e i servizi erogati non venissero acquistati il meccanismo si incepperebbe. Affinché tutto ciò funzioni, l’individuo non deve autoprodurre nulla, bensì acquistare qualsiasi bene o servizio gli sia necessario per vivere.
La progressiva dipendenza dal mercato per la propria sussistenza ha finito per conferire alle merci – e al denaro necessario per acquistarle – un valore simbolico che va al di là dell’oggetto in sé: il possesso di merci e denaro è diventato, nel tempo, un obiettivo e un’aspirazione a priori, scollegati dal reale bisogno e dall’effettiva utilità dei prodotti.
La finalizzazione dell’economia alla crescita della produzione di merci ha trasformato il denaro da mezzo di scambio a Fine. Ma il denaro può essere considerato il fondamento del sistema dei valori soltanto se non si riesce a vedere nella vita altra prospettiva che la soddisfazione delle esigenze materiali.
Il vuoto esistenziale – al quale andiamo incontro quando non comprendiamo che il nostro Essere non può prescindere dalla relazione con gli altri esseri viventi – è una realtà che sempre più si palesa come il “male di vivere” della nostra società. La mancanza di solidarietà, la paura dell’altro, l’incapacità di dare e chiedere aiuto (.!.) sono gli effetti di una cultura sempre più disumanizzata, dove tutto è merce e tutto deve essere comprato.
Invece, in una visione spirituale della vita, il denaro perde la sua connotazione di valore sostanziale e riacquista quella di oggetto materico, quindi di energia (e=mc2): un’energia orientabile al bene comune tanto quanto all’uso individuale egocentrato.
In tale visione, inoltre, si può considerare che tutti noi umani abbiamo un bene prezioso che nessuno può impedirci di “autoprodurre” e che possiamo decidere di non mercificare (almeno in parte): è il nostro tempo. Il dono del tempo ha un valore completamente differente rispetto al dono di cose: esso infatti si fonda sulla condivisione delle scelte di vita e sulla solidarietà. Ricostituire un rapporto spirituale con la vita e con il denaro fa sì che questo riprenda il suo ruolo di mezzo e restituisca valore alle relazioni umane fondate sul dono reciproco del tempo.
La scelta, dunque, è individuale: così come il nostro tempo, anche il nostro denaro può essere speso o donato per dare spazio e valore allo sviluppo di ciò che promuove l’evoluzione della razza umana nel suo insieme e in totale unione e compartecipazione con gli altri Regni di Natura.
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Per approfondire
Leggi l’articolo di Maurizio Pallante:
* “Spiritualità” – http://mauriziopallante.it/spiritualita/
Per studiare e produrre cambiamento
vedi anche:
Un percorso di formazione triennale dedicato a tutti coloro che aspirano a comprendere
il significato profondo dell’economia e a migliorare il loro rapporto con il denaro.