Vi capita mai di sentirvi un po’ stufi di ascoltare e di ripetere dei concetti ascoltati e ripetuti così tante volte da sembrare talvolta perfino una costruzione artificiale? Da farvi dubitare se non della loro realtà, almeno della vitalità che essi rivestono nella vostra vita? A me sì, sinceramente sì!
Si tratta sempre di concetti e di idee molto belli e attraenti, che hanno il potere di far ampliare gli orizzonti esistenziali di un bel po’ e che racchiudono la promessa di una vita più piena e più significativa. Al momento me ne vengono in mente alcuni, ma la lista potrebbe allungarsi a dismisura: basterebbe sfogliare le pagine di qualunque libro dei nostri Insegnamenti per vederne spuntare moltissimi, e tutti dotati del potere di far vibrare delle corde dentro di noi. Alcuni dai nomi misteriosi, per lo più in sanscrito: ad esempio Antahkarana, Shamballa, Wesak… Altri molto più semplici come termini che li definiscono, perché per lo meno sono in lingua italiana, ma non per questo sono meno misteriosi: Guardiano della Soglia, Sentiero spirituale, Piano, Iniziazione… Altri ancora sono proprio parte del linguaggio comune, in cui stanno a definire certe caratteristiche e funzioni che fanno parte della vita quotidiana di tutti, ma che, negli Insegnamenti, assumono significati più vasti di quelli usuali.
Uno di questi concetti è quello di Maestro.
Di certo c’è stato un momento in cui questa parola si è presentata nella nostra vita, e questa volta in modo ben diverso da come l’abbiamo conosciuta ai tempi della scuola. Maestro…un suono che suscita subito reverenza e forse anche un po’ di soggezione; di certo anche aspirazione, ma è abbastanza facile che in un angolo nascosto faccia capolino anche un’ombra di senso di indegnità. Dopo anni in cui abbiamo letto, sentito e nominato la parola Maestro, in cui l’abbiamo condivisa in corsi e meditazioni, è tempo ora di entrarci un po’ più in contatto, per comprenderla su un piano più profondo.
Con ciò non intendo fare supposizioni sul livello di comprensione che ognuno può aver raggiunto: ma, qualunque esso sia, c’è sempre la possibilità per ognuno di aggiungervi qualcosa, soprattutto grazie al fatto di condividerne in gruppo. Eppure, molto spesso riscontro una difficoltà a parlarne tra noi, quasi una forma di pudore o forse anche un po’ di paura di confrontarsi e di rivelare dei dubbi o delle insicurezze in proposito. Cioè: ci sentiamo tutti in una facile sintonia finchè restiamo sulla teoria e leggiamo insieme dei brani su questo tema, ma poi ognuno resta solo dentro di sé, con i suoi pensieri e i suoi interrogativi. Per questo ho deciso di scriverne, nella speranza di stimolare delle condivisioni più autentiche su temi su cui già concordiamo da un punto di vista intellettuale.
Il principio gerarchico è così connaturato alla coscienza umana, che, per lo meno a un certo livello di maturità interiore, viene quasi spontaneo accogliere il concetto di Maestro. In epoche passate e nella nostra cultura occidentale, veniva più facile ritrovarlo nel culto dei Santi o degli Eroi. Ma, in qualunque modo lo si definisca, esso porta sempre con sé un senso di estensione verso qualcosa di più ampio ed elevato, di affidamento a qualcuno di più grande di noi, che può proteggerci e aiutarci.
E’ stata opera degli Insegnamenti moderni, quelli dati tra la metà dell’ottocento fino alla metà del novecento (Teosofia, Agni Yoga, M. Tibetano, per intenderci) quella di adottare la parola Maestro per definire un preciso riferimento evolutivo, mutuando questo concetto dall’ Oriente, dove esso è stato ed è quasi universalmente diffuso ed accettato. In genere diamo al Maestro una forma e ne adottiamo delle immagini antropomorfe, per facilitarci nell’accostamento a Lui.
Ma è bene farci un’idea di questo rapporto anche, e soprattutto, in termini di energia. Infatti una visione energetica, e perciò più vicina all’interpretazione scientifica, ci può proteggere dalle inevitabili proiezioni di condizionamenti personali pregressi, di inconsci bisogni infantili, di modalità che hanno fatto tanto parte della nostra educazione cattolica, da riportarci, senza che ce ne accorgiamo, a un’età precedente. In termini energetici, l’accostamento al Maestro significa tendere ad aprire la nostra aura alla Sua, cioè rendere i nostri corpi fisico, emotivo e mentale idonei a recepire “particole” infinitesimali dell’Energia sprigionata dalla Sua Aura.
Quale è la motivazione per coltivare questo accostamento? Fondamentalmente quella di accelerare il nostro processo evolutivo attraverso la tecnica dell’”induzione magnetica”, cioè il passaggio di energia attivato dall’aspirazione costante ad avvicinarci a Lui. Una motivazione a tale accostamento sufficientemente pura, che basi cioè non sull’ambizione di ottenere dei benefici personali, ma sul diventare degli efficaci agenti del Bene Comune, di certo lo promuove.
Una legge psicologica dice che ogni essere tende ad assimilarsi (diventare simile) a ciò verso cui tende. Ne deriva che nutrire l’aspirazione e la devozione verso il Maestro ci porta piano piano a guardare alle cose della vita in un’ottica che, per piccolissimi gradi, si fa un po’ più simile alla Sua, per lo meno per quel tanto ( o, meglio, per quel poco!) che riusciamo a contenerne. La sensibilità al Bene Comune è uno dei primi “effetti di travaso” dalla visione del Maestro alla nostra. “Travaso” che, una volta iniziato, procede gradualmente in tempi e modi che dipendono da molti fattori: di età psichica, di situazione di vita, di karma personale, di tipologia, di grado di impegno… Perciò possiamo vedere la devozione verso il Maestro come una vera e propria tecnica per far maturare nella nostra coscienza quei principi, valori e visioni che fanno parte della sfera transpersonale.
Senza un “aggancio” ideale a una Coscienza superiore alla nostra, questo processo non avviene, o avviene in tempi lunghissimi e attraverso molte prove ed errori.
Vorrei addentrarmi a descrivere tre fasi che molto spesso ho riconosciuto nel processo di accostamento.
1) La prima è quella iniziale, in cui veniamo in contatto con l’idea di Maestro, attraverso qualsivoglia mezzo, che sia una lettura o una persona/gruppo o un’intuizione. Se accolta nella coscienza, l’idea diventa un ideale, che in quanto tale diviene oggetto di amore e di aspirazione. L’esperienza in genere è quella di una nuova luce che improvvisamente illumina la nostra vita. Nell’Agni Yoga questa fase è descritta così:”All’ inizio mille fuochi si accendono…”; proprio per sottolineare l’effetto dirompente che questo ideale può avere nella vita. Va però tenuto presente che l’ideale, per sua stessa natura, resta sempre a una certa distanza dalla vita reale, come sospeso in un’altra dimensione, promessa e faro per un futuro per ora solo immaginato. Mentre i corpi fisico, emotivo e mentale, continuano sul loro ritmo e contenuti usuali, semplicemente pervasi dalla bellezza dell’ideale. In questa fase potrebbero moltiplicarsi i sogni ispirati e arricchirsi di simboli elevati la vita immaginativa. Ma il gap tra realtà e ideale resta, quasi a garanzia che nulla turberà di fatto il corso della propria vita, ma si tratterà solo di un ampliamento di prospettiva.
2) Si passa poi, quasi impercettibilmente, alla seconda fase. Se l’ideale è rimasto stabilmente presente per un certo tempo, è quasi inevitabile che ci si senta ad un bivio: lasciarsi compenetrare dall’ideale su un piano più profondo, accettando che l’assetto della propria vita cominci a cambiare oppure lasciare tutto così com’ è, accettando che la situazione attuale si cristallizzi. Nel migliore dei casi si genera una stasi; di certo, è una situazione migliore che non l’assenza di aspirazione, ma comunque la creatività esistenziale ne è in gran parte impedita. Se invece nella coscienza si apre davvero un varco per accogliere l’Energia del Maestro, con tutto ciò che Essa può portare con sé, inclusi dei sommovimenti interiori disturbanti per l’assetto precedente dei tre corpi, può accadere, e spesso accade, che scattino degli atteggiamenti di “difesa dallo stimolo”. Potrebbe ad esempio accadere che non si senta la voglia di leggere gli Insegnamenti, che si comincino a evitare gli incontri di gruppo su questi temi, che si cerchi di ridimensionare l’entusiasmo inziale, mettendo avanti altri interessi. Insomma, una serie di comportamenti, dietro a cui c’è, se li leggiamo un po’ più in profondità, non tanto un’incuria o una noia, ma un vero e proprio meccanismo di difesa dalla possibile irruzione di richiami spirituali che potrebbero scombinare il nostro equilibrio attuale. E’ bene nominare queste eventualità, innanzitutto perché possono essere sconcertanti se vissute da soli e poi perché potrebbero portare a delle decisioni che non sono le più utili per il progresso della coscienza.
3) Arriva poi la fase tre, se si è riusciti a interpretare in modo corretto le difficoltà di quella precedente e a persistere. La persistenza è una qualità importantissima per percorrere il Sentiero, che è fatto di molti momenti di buio, in cui la luce dell’intelletto non può sostenerci. Allora la qualità della persistenza diventa la base stabilizzante su cui poggiare i nostri passi. In questa fase si comincia a comprendere: proprio il persistere permette che si apra piano piano la porta interiore a un rinnovato afflusso di luce, piccole scintille che, una alla volta, ci permettono di comprendere quello che sta accadendo. Stavolta la comprensione nasce da dentro e ogni piccolo stimolo esterno accende altre mille scintille nella mente e nel cuore. Finalmente si comincia a capire chi siamo, perché siamo qui, e anche tutto quello che ci è accaduto finora. Che sia questo il famoso “Fuoco solare” di cui ci parlano gli Insegnamenti? Credo proprio di sì.
L’accostamento al Maestro continua: non ha più il fulgore dei primi tempi, ma nemmeno risente del senso del dovere e relativi sensi di colpa della fase successiva. Ora il processo si fa silenzioso e pacato, senza aspettative, se non quella di imparare a rispondere al Richiamo e alle Richieste in modo equilibrato per sé e per gli altri, senza causare dispersioni di energie preziose per il Lavoro che tutti insieme si è chiamati a compiere. Non è nemmeno più così difficile riconoscere ciò che si deve fare e quale è il proprio posto.
Di tanto in tanto, in mezzo allo scorrere dei ritmi usuali, emergono la visione e il suono di qualche nuova opportunità: “Accetti?”. Ecco un nuovo bivio, un altro pezzo di strada che si apre davanti. E si ode la propria voce rispondere a quel suono senza suono: “Sì, accetto!”
Marina Bernardi (ottobre 2023)