[…] La psicosintesi formativa è caratterizzata da cinque requisiti essenziali, e cioè: atteggiamento gioioso e ottimistico verso la vita, ricerca della possibile “esperienza fenomenica” del Sé, uso costante della volontà, fiducia nel gruppo umano, continua ristrutturazione pianificata della nostra personalità. Cominciano ad esaminare il primo punto.
A mio avviso, è indispensabile un atteggiamento gioioso e ottimistico verso la vita che prescinda dalle “risposte oggettive” della vita stessa. Anzi, proprio risposte negative prolungate e ripetute debbono consigliarci un ulteriore allenamento per sviluppare queste due qualità, permettendoci così di affrontare le avversità con minore difficoltà. E ciò è possibile se comprendiamo che “il Centro della gioia” da cui dobbiamo estrarre questa qualità non si trova nel mondo esterno, e cioè negli oggetti e nelle persone con cui veniamo in contatto, ma dentro di noi e va attivato con persistenza e costanza per far sì che la gioia e l’ottimismo diventino caratteristiche fondamentali della nostra persona.
Più e meglio sapremo svolgere questo allenamento (attraverso tecniche precise della psicosintesi, quali per esempio quelle dell’evocazione di sentimenti superiori) e più e meglio sapremo accettare e utilizzare l’inevitabile corredo di disavventure che la vita ci riserva. La gioia, infatti, è un minerale prezioso che va estratto faticosamente dalla “miniera” del nostro spirito, e non ricercato tra le “montagne” degli eventi o nei “miraggi” delle azioni altrui.
Un secondo punto che definirei essenziale nella psicosintesi autoformativa è la “disponibilità concettuale” e il persistente impegno all’“esperienza fenomenica” del Sé attraverso il contatto con i contenuti superiori della nostra psiche (l’“approccio” all’inconscio superiore assagioliano, per intenderci). Questa “tensione transpersonale” deve rappresentare, a mio avviso, la “costante direzionale” di qualsiasi discorso autoformativo, e tanto più in campo psicosintetico, visto che ne rappresenta la caratteristica fondamentale e differenziale rispetto ad altre psicologie umanistiche.
Il terzo punto da sottolineare è l’importanza fondamentale della volontà intesa come “funzione essenziale” dell’io, e usata come una vera e propria metodica. Averne sperimentato la “centralità”, svilupparne le caratteristiche per renderla “integrale”, controllarne costantemente l’esecuzione attraverso la verifica dei vari stadi, significa aver assimilato la “struttura portante” di tutta la psicosintesi. Significa saper attivare la “linfa vitale” del nostro essere, e avere scoperto il sentiero per divenire quelli che “Realmente” siamo. Già nell’atto della nascita è infatti implicita la “volontà di essere”, e solo attivando in seguito questa qualità intrinseca della personalità riusciremo a raggiungere le nostre vere Mete e a utilizzare quell’immenso centro di creatività che è il nostro Io. Allora, da spettatori diverremo attori nel processo della vita e passeremo dalle schiere degli esecutori alle schiere dei creatori del Mondo.
Un quarto punto, che ritengo importante considerare, è quello di convincersi che la fiducia reciproca è un elemento indispensabile per creare una proficua comunicazione e dei giusti rapporti tra gli esseri umani. Coltivare pregiudizi o stati di isolamento, non solo non è produttivo ma è assolutamente da sconsigliare perché crea delle premesse di separatività e di combattività, che sono da ritenersi contrarie a qualsiasi processo auto-formativo.
Se comprendessimo che il “Punto di arrivo” al quale dobbiamo tendere è l’Unione, e che caratteristiche essenziali della realizzazione sono l’accettazione, la comprensione e l’amore altruistico, ci renderemmo immediatamente conto di quanto sia nocivo e pericoloso lo stato d’animo di sfiducia verso altri.
La stessa “solitudine” è da considerarsi un’esperienza (subita o ricercata) solo transitoria della “situazione umana”, sempre e comunque da superare attraverso la conquista della “vera dimensione umana”.
[…] Il quinto punto è la considerazione che una psicosintesi auto-formativa è sostanzialmente una continua ristrutturazione pianificata della personalità umana, attraverso il costante uso di “tecniche attive” (secondo la terminologia assagioliana).
Questo ci fa dire che l’uomo, in sostanza, è in un continuo “training esistenziale” per estrinsecare la sua “Potenzialità Assoluta”. Comprendere questo significa attivarsi nei confronti della vita, e di conseguenza non viverla più con atteggiamenti disimpegnati o fatalistici, ma al contrario assumersi responsabilità precise di interpretazione e di realizzazione, al di fuori o meglio “al di sopra” di qualsiasi considerazione “pietistica” o “velleitariamente fideistica” delle stesse. […]
Sergio Bartoli – estratto dal “Quaderno di Psicosintesi” del Centro di Roma, n° 2, dicembre 1976