… è solo lassù, sulla cima della montagna, che possiamo far sventolare la nostra bandiera bianca con la certezza che qualcosa di buono ci verrà incontro.

 

Come molti sanno, in Comunità c’è la tradizione di fare il “gioco degli angeli”, una volta l’anno, in coda ai giorni del Wesak e prima dell’assemblea annuale. In quell’occasione, oltre alle carte degli angeli individuali, ne “peschiamo” una di gruppo, che ci indica la Qualità che ci accompagnerà per l’intero anno.

Quest’anno, a causa della pandemia, il nostro gioco rituale è stato rimandato a dicembre, perciò posposto di 6 mesi rispetto al solito. Probabilmente non è un caso, se mettiamo in relazione questo ritardo con la qualità che il nostro angelo 2020 ci ha portato: la Resa. Forse abbiamo dovuto prima sperimentare uno stato di attesa, per poi comprendere meglio l’essenza di quella piccola carta, che raffigura un angelo che, salito su una cima, fa sventolare una bandiera bianca.

Quell’immagine, ogni volta che mi è capitata tra le mani, mi ha sempre detto molto: e cioè, che prima di arrendersi bisogna arrivare a salire fino sulla cima della nostra montagna interiore, bisogna raggiungere la vetta delle nostre possibilità. La salita che precede la Resa non è un particolare irrilevante, anzi, ne esprime la natura profonda. Ci dice che è solo quando abbiamo fatto tutto ciò che con i mezzi a nostra disposizione potevamo fare, che possiamo arrenderci e affidarci a qualcos’altro o a qualcun altro che ci aiuti. Perciò la Resa, che di per sé suggerisce un atteggiamento di passività, è tutt’altro: è il passo finale di uno stato di massimo impegno.

Qualunque sia l’oggetto del nostro sforzo, se cedessimo prima di aver fatto il massimo possibile e di aver esaurito tutte le risorse, quell’atto di “lasciar andare” non sarebbe una Resa, ma una rassegnazione e una rinuncia. Sarebbe qualcosa che ci trattiene alla base della montagna o al massimo a metà strada, ma non ci consentirebbe di salirla tutta: ed è solo lassù, sulla cima, che possiamo far sventolare la nostra bandiera bianca con la certezza che qualcosa di buono ci verrà incontro.

Quali sono le risorse da investire nel tragitto verso la cima? Naturalmente sono collegate con ciò a cui tendiamo, con il nostro obbiettivo. Se il nostro obbiettivo è di tipo materiale – il successo in un’impresa, l’appagamento di un desiderio, la soddisfazione di un bisogno – ciò che dovremo investire saranno fondamentalmente tutte le capacità già acquisite in quel campo e anche quelle in via di acquisizione grazie all’impegno. Anche ove il nostro scopo fosse “orizzontale”, l’atto stesso di arrendersi determinerà un affidamento a risorse che sono al di là di quelle già conosciute, per cui è un atto che permette di vivere l’esperienza intima della fiducia in qualcosa di migliore. Ma ad una condizione, anzi due: che lo sguardo resti sempre volto in avanti, o in alto, e che siano tenuti a bada sentimenti di scoramento, di fallimento e di sfiducia.

E se fosse proprio grazie a questo tipo di esperienze che piano piano gli esseri umani pervengono alla fiducia che esiste “qualcosa di oltre” la dimensione del già conosciuto? Forse, come umanità abbiamo compiuto la nostra lunga ascesa proprio perché ci siamo scontrati ripetutamente con l’impossibilità di appagare un desiderio o di realizzare uno scopo….

Quando poi l’obbiettivo è già collocabile in una dimensione “verticale”, ha cioè a che fare con l’espansione della coscienza, la certezza che prima o poi qualche nuova opportunità ci verrà comunque incontro, ci accompagna fin dall’inizio rendendo il nostro percorso meno aspro e più promettente.

Ancora più praticabile si fa l’esperienza una volta che si sia ripetuta nella nostra vita: allora sappiamo che, se siamo onesti con noi stessi e ce la mettiamo davvero tutta, anche dovessimo “fallire” prima o poi opportunità imprevedibili ci verranno incontro da una dimensione che sta al di là della vita ordinaria, ma che ciò nonostante è del tutto reale.

La Resa rappresenta dunque il culmine di una fase di lotta e di crisi. Anche se può sembrare vero il contrario, quello della Resa è un momento di massimo compimento, che mette in gioco tutta la nostra umanità permettendole di trascendere i propri limiti. Non c’è altro modo, se non quello di giungere al limite massimo delle possibilità attuali, per poter varcare la soglia che ci separa dalla potenzialità sconosciuta.

Come facciamo a sapere se sia davvero giunto il momento della Resa o se sia ancora il caso di provare con i mezzi che abbiamo? Nessuno ce lo può dire dall’esterno, e oltretutto ognuno di noi ha un diversa sensibilità del proprio limite. Questa è una delle funzioni del cuore: se lo ascoltiamo, sarà lui a indicarci il tempo giusto per arrenderci.

Cosa accade alla nostra coscienza nel momento della vera Resa? Qual è lo stato interiore in cui veniamo a trovarci?

Di certo si tratta di un punto di discontinuità tra un prima e un dopo: un lasciar andare la tensione che ci ha spinto verso l’obbiettivo, un rilasciamento che produce liberazione. Si crea così uno spazio interiore che apre la porta a nuove possibilità. Si allenta una tensione, per fare strada a una Tensione di diversa natura: cioè fatta di fiducia nella Vita, di coraggio rinnovato, di pazienza.

Quella nuova Tensione è di vibrazione più elevata ed è in grado di attivare un vortice di energie che, a sua volta, attira nuove possibilità. D’altra parte, non c’è altro modo che questo per poter compiere il passaggio da una dimensione all’altra, da un livello vibratorio ad un altro: la vita come serie di piccole o grandi Rese, di Rese verticali o orizzontali, ma sempre e comunque evolutive. E dietro la Resa si apre sempre il cancello di una nuova sintesi possibile, di un nuovo punto di contatto con la nostra anima.

E così, una Resa dopo l’altra, ci prepariamo al passo decisivo della Grande Resa, quella della personalità che si inginocchia davanti all’anima che l’ha condotta fino a lì e, finalmente, la Riconosce.

Cosa ci dice l’angelo della Resa come gruppo? Qual è la Resa che ci attende?

Ognuno di noi forse se ne è fatto una sua idea. La mia è questa: accettare che abbiamo esaurito la forza dei nostri desideri che la vita del gruppo sia come noi la desideriamo, che i nostri compagni facciano la cosa giusta al momento giusto e che non facciano mai nulla che ci deluda o ci faccia soffrire; che il gruppo dovrebbe darci tutto ciò di cui abbiamo bisogno e proteggerci da ogni disagio…E invece no, non è così, o lo è solo in alcuni momenti felici. Il Gruppo è un essere incarnato, con i propri limiti, come tutti gli esseri. Arrenderci a questa realtà vuol dire smettere di anelare in orizzontale a ciò che nessuno potrà mai darci. Invece, sottrarre lo sguardo dalle piccole banalità e volgerlo, insieme, verso valori più essenziali; in modo da spostare la nostra vita di gruppo su un’altra dimensione della coscienza.

Ecco, l’angelo della Resa è venuto a dirci questo e a ricordarcelo.

Marina Bernardi
Presidente della Comunità di Etica Vivente