Di fronte a questo micro-organismo non reggono né frontiere, né diversità sociali ed economiche, e nemmeno differenze di stato di coscienza. Credo che questo sia un aspetto davvero nuovo, forse mai vissuto prima dall’umanità.

 

Gli eventi delle ultime settimane ci hanno scaraventato improvvisamente in una situazione inaspettata, una di quelle a cui l’Agni Yoga dà il nome di “insolito”. Insolita perché diversa dalla routine ormai stabilita nelle nostre vite, sia quelle individuali che quella di gruppo, col suo ritmo di incontri, di abitudini e di rituali ben stabiliti e considerati certi da tutti noi. E invece eccoci a sostituire i nostri eventi sul piano fisico con quelli sul pano virtuale, cosa che fino a poco fa avremmo considerato pura fantascienza!

Da alcuni anni ormai parliamo spesso di dissolvimento delle forme fisiche ormai superate. E ora, dopo che fuochi, terremoti, crisi politiche ed economiche, drammi sociali… si sono susseguiti negli ultimi anni, ci troviamo davanti a una crisi più visibile e che a noi sembra più vera, per la semplice ragione che ci tocca tutti e che impatta in modo consistente sulle nostre vite. E’ qualcosa di presente e ben sperimentato da ognuno di noi, qualcosa che per molti ha assorbito gran parte dell’attenzione.

Perciò vediamo due aspetti di questa crisi: l’insolito, semplicemente perché è insolito che un piccolissimo virus abbia tanto potere, diciamo che proprio questo non ce lo aspettavamo; e il suo aspetto globale, nel senso che tutti, ma proprio tutti e in tutto il mondo ne sono toccati. Di fronte a questo micro-organismo non reggono né frontiere, né diversità sociali ed economiche, e nemmeno differenze di stato di coscienza. Credo che questo sia un aspetto davvero nuovo, forse mai vissuto prima dall’umanità: il problema, o per lo meno il rischio, è per tutta l’umanità, nessuno escluso. Esso coinvolge il gruppo umano nel suo insieme, e perciò ci costringe ad affrontarlo stando insieme, perché farlo in modo separato una persona dall’altra e un paese dall’altro, sarebbe assurdo e impossibile. Ci spinge a strategie contenitive che incidono sulle relazioni di ognuno con tutti gli altri, sia che si parli di individui che di nazioni.

Non era forse necessario che sperimentassimo il fatto che siamo davvero uno?
Ed è stato un piccolissimo comune denominatore che ce lo sta facendo sperimentare, scagliandoci così fuori dalle belle idee e concetti sulla vita una che per anni e anni abbiamo coltivato nella mente e ripetuto nelle parole.

E qui emerge un’altra funzione di ciò che sta accadendo: costringerci a portare nell’esperienza reale della vita ciò che abbiamo imparato e a cui a lungo abbiamo aspirato sul piano mentale: partendo dall’idea dell’umanità una, per arrivare a una serie di altri valori, quali quello del saperci staccare dalle abitudini fisiche e dai bisogni di relazionarci da vicino con le persone, al saper di conseguenza stare più in contatto con noi stessi, in solitudine e silenzio, al sentirci gruppo al di là del tempo che trascorriamo insieme. E molti altri valori, ognuno ne può aggiungere a volontà.

Stiamo di fatto ampliando di molto la prospettiva da cui guardare alla situazione. Sappiamo bene che più è limitato l’angolo di visione di un qualunque tema, e più entriamo nell’annebbiamento, perché ne enfatizziamo certi aspetti e non riusciamo a vederne altri, che farebbero invece parte della visione intera. Ma è nostro dovere di ampliare ancora di più l’orizzonte, perché gli strumenti li abbiamo; questo ampliamento di visione sta avvenendo in molti di coloro che, anche se in modo ancora non del tutto consapevole, si stanno ponendo delle domande e che, mossi ora dal toccare con mano le conseguenze di distorsioni ed errori pregressi, si stanno chiedendo cosa possiamo cambiare e come farlo, non fosse altro che perché mossi dalla paura per la loro sussistenza. A livelli diversi di consapevolezza corrispondono domande, risposte e reazioni diverse.

La solidarietà, l’empatia, la cooperazione che si stanno manifestando ogni giorno di più sia tra le persone che tra le nazioni, hanno la funzione di creare, alla lunga e se tutto procede nel verso giusto, un campo di buona volontà, su cui sarà (o sarebbe) più facile far calare le nuove visioni e gli atti che sono ispirati dal Piano e dalla volontà di Bene.

Ma dobbiamo fare attenzione e non negare nemmeno la grande “innominata”, la paura. Tra noi che abbiamo portato avanti a lungo un lavoro di autocoscienza, tende a prevalere un atteggiamento di negazione “Non ho paura”, sia che questa affermazione venga dal non essere in una delle categorie a rischio, sia che venga da un’ormai elaborato rapporto con la morte. Ma attenzione! Ogni qualvolta delle certezze su cui basa la nostra vita vengono scalfite, è normale e naturale avvertire la paura; anche quando non fosse la paura di ammalarsi e di morire, essa può prendere forme diverse, paura della crisi economica, paura di non poter mantenere gli impegni presi, paura per altri, paura di un futuro che non vedo ancora… Nel nostro caso anche paura di restare bloccati in altri paesi o di non poter più viaggiare… Se non vogliamo chiamarla paura, chiamiamola preoccupazione, fa sempre parte della stessa famiglia. E va nominata, prima di poterla veramente riconoscere nella sfumatura che ci appartiene, per poi trasformarla. D’altra parte dobbiamo considerare che siamo immersi in potentissime onde collettive di paura, perciò essa di certo arriva ai nostri recettori psichici; forse è una delle cause degli sbalzi di umore, degli up and down che varie persone sentono in questo periodo. Un buon antidoto alla paura è il porsi domande su ciò che temiamo, riflettervi e aprirci a insights e intuizioni: è un atteggiamento attivo che ci direziona verso il futuro senza negare il presente.

Tra le varie interpretazioni che stanno girando sull’origine di questo male, quasi tutte tendenti a proiettare le cause su qualche agente esterno, a noi basta nominarne una, che le include tutte e con cui non sbagliamo mai: un ritorno karmico, un effetto di cause passate, che possono essere di qualunque genere e livello. Sta a noi assumerci responsabilmente questo karma, accettandolo, e convertirlo in dharma. Ciò implica la piena assunzione di responsabilità per l’evento e la forza di orientarne il flusso nella direzione del Bene, un bene maggiore che siamo certi che già esiste, anche se non riusciamo ancora a definirlo. Ma il percepirci come punti focali di conversione dal karma al dharma ha un effetto dinamizzante e risanante, a partire dal piano psichico fino al piano fisico.

E’ importante che le nostre difese immunitarie siano ben funzionanti e questo lo possiamo ottenere, oltre che con i vari integratori, con la giusta attivazione a livello interiore: in termini di Agni Yoga, il grande protettore è l’energia psichica che riusciamo a tenere viva ed attiva. Lo dobbiamo fare sia come individui, che come gruppo, contattando il senso di liberazione che ogni scioglimento karmico porta con sé. Perciò la grande domanda è: quale dharma posso mettere in moto grazie a questa situazione? Quale nuova espressione di me e del gruppo?

Ma c’è un passaggio che è ancora oltre e che è non solo risolutivo, ma anche fortemente creativo: la nostra cara tecnica tactica adversa. Alcuni di noi, dopo averla sperimentata, ne sono diventati dei fautori a oltranza! Consiste nel porsi la domanda:

«Cosa di più e di meglio posso conquistare addirittura utilizzando, e non solo contrastando, l’energia dell’avversario, che in questo caso è il piccolo, tremendo corona virus?»
«Cosa posso conquistare grazie ai problemi che mi crea?»
Le risposte possono essere molte per ognuno di noi. Come gruppo ne faccio un esempio: siamo stati costretti a spostare il convegno di Agni Yoga e allora faremo anche qualcosa in più (di cui vi informeremo), utilizzando i giorni dal 21 al 24 maggio: perciò anziché un evento ne faremo due.

Altro esempio di tactica adversa: lì dove altri vedono un limite nel non poter stare vicini fisicamente, noi proviamo ad intravvedervi la possibilità di rinforzare il rapporto sottile tra noi. Impariamo a scambiare amore e contatto ad un livello più profondo e più stabile, così rinsaldando la rete eterica e il rapporto tra anime che ci unisce. Sappiamo bene che lo sviluppo della telepatia è uno degli obbiettivi del Piano per cui siamo in allenamento. Non voglio allarmare ma mi chiedo se il prossimo virus non sarà di tipo telematico, cosa che ora non riusciremmo nemmeno a immaginare, dato che i collegamenti virtuali si stanno rivelando la nostra stampella, ma forse prima o poi dovremo lasciare anche quella.

E se per caso tutto di colpo ci trovassimo senza internet, ricordiamoci di continuare a nutrire con convinzione e intensità la connessione sottile!

Insomma, i possibili stimoli di riflessione sono davvero molti, potremmo andare avanti un bel po’ e forse nelle prossime settimane ci andremo. Per ora impegniamoci a utilizzare questo inizio di primavera, che è sempre un interludio tra due posizioni diverse tra terra e sole, stavolta come inserito nell’interludio rappresentato dal prima e dopo il corona virus: ci è offerto uno spazio/tempo insolito e libero dalle forme conosciute, in cui lasciar lavorare la nostra coscienza.

L’Agni Yoga ci indica 3 strumenti principali per attraversare le difficoltà: fiducia, contatto con le Guide e i Maestri spirituali e lavoro. In che modo ognuno di noi può essere un agente attivatore di queste qualità e valori nel proprio ambiente?

Insomma, detto tutto questo, il corona virus non è più quello spauracchio che sembrava, anzi, andrà forse a finire che tra un po’ lo riconosceremo come un portatore di luce che, anche se inconsapevolmente, è stato messo sulla via dell’umanità. E se cosi fosse?


Marina Bernardi
(Presidente della Comunità di Etica Vivente)

Città della Pieve, marzo 2020